Cosa significa essere contemporanei? Di chi e di che cosa siamo contemporanei? Sono le domande proposte da Agamben per riflettere sull’essere contemporaneo. Questo spazio non contiene le risposte, ma ne osserva l’attitudine proposta, ne segue la riflessione in risonanza.

Il contemporaneo è l’intempestivo che

vuole fare i conti col suo tempo, prendere posizione rispetto al presente… perché cerca di comprendere come un male, un inconveniente e un difetto qualcosa di cui l’epoca va giustamente orgogliosa, cioè la sua cultura storica.

E questo è Nietzsche che vive in Agamben e che in questo spazio risuona, o si vuole far risuonare, come in un’antica caverna ai bordi estremi della storia, dove l’uomo sfasato si accende un fuoco e mormora la sua inattualità alle pareti.

Il contemporaneo è colui che percepisce il buio del suo tempo come qualcosa che lo riguarda e non cessa di interpellarlo, qualcosa che, più di ogni altra luce, si rivolge direttamente e singolarmente a lui. Contemporaneo è colui che riceve in pieno viso il fascio di tenebra che proviene dal suo tempo.

L’attitudine alla contemporaneità si iscrive nel presente segnandolo innanzitutto come arcaico, prossimo all’arkè, cioè all’origine che a sua volta è insita nel divenire storico e non cessa di operare in questo.

Così, con la forza del presente, alla ricerca della chiave nascosta nell’immemoriale. Un’attitudine che nelle parole scrivibili su questo spazio, può anche colmare la solitudine di una vita proiettata alla contemporaneità, spesso avvolta nell’incomunicabile attuale.

La musica è solo al presente. È la voce del tempo. Riflettere la musica, sulla, nella, della, per la musica è vivere il presente e deve essere un perpetuo tornare a un presente in cui non siamo mai stati mettendolo in relazione continua con il tempo, con gli altri tempi.

PAD: a thick piece of soft material, typically used to protect or shape something

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Senza perdere la prospettiva

Questo testo torna dal passato, pubblicato il cinque luglio duemiladiciassette.

Come si può rimanere pessimisti?
Con la prospettiva.

il Suono Virtuale

Sono molto legato al libro il Suono Virtuale di Bianchini e Cipriani. Un po’ perché CSound rimane un software unico, bellissimo quanto radicato nella storia della computer music, un po’ perché il mio primo incontro con il testo risale ormai a ventitre anni fa. Oggi rischia di essere uno di quei testi che, rileggendolo, annoterei tipo principe mezzosangue, a partire dal titolo: affascinante quanto sbagliato, il Suono Virtuale tutto è tranne quello di cui il testo narra.

DNA RMX

Ricordo il convegno CRESCENDO! dell’aprile 2018 a Sassari. Io ero un giovane padawan ma ebbi, grazie all’invito di Michelangelo Lupone, l’opportunità di un mio primo confronto con alcuni docenti di musica elettronica d’Italia. Michelangelo era allora presidente del COME e mi chiese di presentare il percorso di ricerca della Scuola di Musica Elettronica di Roma al suo posto. Con noi Nicola Bernardini, anche lui docente a Roma, fece un lucido ed illuminante intervento su senso e significato delle parole rubate e consumate: Musica Elettronica.

l’inFedele novità discografica

Quando chiedo agli studenti di fare molta attenzione alle cose che non piacciono, di trovare delle motivazioni ai propri disagi, scavare i perché dal disappunto, per conoscerlo e condurlo ad una motivazione, spiego anche che ogni tanto, ravanando nel brutto, si possono trovare informazioni utili che richiedono un tempo lungo di analisi, un tempo più lungo del bello o brutto istantaneo.

Ma non è questo il caso.